Si fa sentire l’allentamento delle restrizioni rispetto ad un anno fa nel mercato del gioco d’azzardo online. Dopo aver visto l’incredibile calo della spesa dei giocatori su alcune piattaforme, anche i dati riguardanti il Poker online a torneo non sono positivi rispetto ad un anno fa: scopriamo di più in questo articolo. Un calo che costa 1,7 Milioni rispetto al 2021 Secondo gli ultimi dati raccolti, sono stati spesi “solamente” 8,2 milioni di euro nell’attività del poker a torneo online. Rispetto a Febbraio 2021 (dove la spesa era stata di cica 9,8 milioni) il calo è del 16,3%. Tra gli […]
NewsSi fa sentire l’allentamento delle restrizioni rispetto ad un anno fa nel mercato del gioco d’azzardo online. Dopo aver visto l’incredibile calo della spesa dei giocatori su alcune piattaforme, anche i dati riguardanti il Poker online a torneo non sono positivi rispetto ad un anno fa: scopriamo di più in questo articolo.
Secondo gli ultimi dati raccolti, sono stati spesi “solamente” 8,2 milioni di euro nell’attività del poker a torneo online. Rispetto a Febbraio 2021 (dove la spesa era stata di cica 9,8 milioni) il calo è del 16,3%. Tra gli operatori, l’unica che ha fatto segnare una discreta crescita (quasi +10%) è stata Snaitech. In crescita, seppur molto più contenuta, anche Bbet, Lottomatica, Bwin, ScommesseItalia e E-play24.
Stando ai dati pubblicati dall’ADM, in testa alla quota di mercato, con ben il 48,04% complessivo troviamo PokerStars (e non dovrebbe essere nemmeno una sorpresa, visto che la sua piattaforma si basa quasi esclusivamente su questa attività). A seguire troviamo Sisal, con il 9,04% della quota di mercato sulla spesa, seguita a ruota da Snaitech con l’8,98%.
Al quarto posto troviamo E-play24 con il 7,40%, mentre chiude la top-5 Lottomatica, con il 6,60%. Le altre percentuali degne di nota spettano a Eurobet (4,53%), 888 (2,51%), Bbet (1,82%), New Gioco (1,60%), Betflag (1,19%), Bet365 (1,10%) e Betpoint (1,03%).
Dopo aver analizzato più nel dettaglio gli ultimi dati forniti dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, andiamo a capire meglio di che cosa si tratta quando si parla di Poker a Torneo. Come dice il nome stesso, si tratta molto semplicemente di tornei di Poker organizzate su base periodica dalle varie piattaforme di gioco d’azzardo online.
Il loro funzionamento è molto semplice ed intuitivo: il giorno del Torneo, ogni giocatore iscritto scambia una certa quantità di denaro (il cosiddetto buy in) con una determinata quantità di fiches (il cosiddetto stack iniziale). Nel caso in cui tu perda tutte le tue fiches, verrai automaticamente eliminato dal Torneo. Vince invece l’ultimo giocatore non eliminato, che possederà quindi tutte le fiches in gioco.
Nel caso in cui te lo stessi chiedendo, sì: i tornei di poker online funzionano allo stesso identico modo dei tornei tradizionali, con l’unica differenza che l’online consente uno svolgimento molto più rapido ed immediato. Oltre a ciò, i tornei online sono caratterizzati da dei buy in molto più ridotti rispetto ai tornei tradizionali, consentendo così la partecipazione ad una fascia molto più ampia di giocatori.
Solitamente, essendoci un numero di giocatori decisamente superiore rispetto ai tornei tradizionali, ed essendo questi ultimi molto più veloci nel loro svolgimento, non esistono dei Tornei di Poker Online più importanti di altri in Italia. Senza ombra di dubbio però, come abbiamo visto in precedenza, quelli organizzati da PokerStars sono i più gettonati, per via anche della grande fama che questa piattaforma possiede a livello internazionale.
Un’altra caratteristica molto interessante dei Tornei di Poker Online consiste nella loro incredibile varietà: naturalmente la variante del Texas Hold’em è quella più praticata, ma potrai facilmente trovare dei Tornei con le varianti del Sit&Go, Heads-up, Turbo e MTT. Alcuni siti Web sono soliti anche organizzare dei tornei freeroll, ovvero completamente gratuiti, che consentono così ai giocatori di esercitarsi prima di iscriversi a quelli con denaro reale.
Ad ogni modo, da quello che abbiamo potuto constatare durante le nostre ricerche, i tornei che pagano di più sono quelli organizzati da Snaitech e PokerStars. Con un Buy-in di 100€ (cifra che potrebbe già non essere accessibile a tutti) si possono vincere ben 5.000€ in montepremi. Se contiamo che questi tornei vengono, solitamente, organizzati una volta a settimana, il bottino che si può ottenere è veramente interessante.
Se invece andiamo a cercare i tornei con dei buy-in molto più ridotti (5-10€), anche il montepremi, di conseguenza, cala parecchio (si parla di 500-2.500€ massimo di montepremi).
In precedenza abbiamo solo accennato le diverse varianti di tornei di poker online che si possono incontrare; pertanto, abbiamo deciso di approfondire meglio questo argomento. Navigando tra le varie piattaforme italiane, potrete trovare le seguenti tipologie di tornei:
Abbiamo visto come, rispetto a Febbraio di un anno fa, la spesa dei giocatori per il Poker a Torneo sia scesa di un’importante percentuale. A pesare tanto sono, sicuramente, le migliori condizioni sanitarie che stiamo affrontando da metà 2021 in poi, e che stanno spingendo i giocatori a riprendere alcune attività abitudinarie (come il semplice uscire di casa).
La mobilità elettrica è il presente. O almeno così sembra guardando i più recenti spot delle maggiori case automobilistiche in Italia. Ma il passaggio all’elettrico converrà davvero al mercato dell’auto italiano? E soprattutto, il passaggio agli EV sarà davvero green? Il mondo dell’auto sta vivendo una congiuntura a dir poco delicata. La carenza dei semiconduttori, frutto di scelte sbagliate nella catena di approvvigionamento, il razionamento dell’energia nelle fabbriche cinesi, l’impreparazione delle case dell’automobile per passare totalmente alla produzione di veicoli elettrici entro il 2035 sono tutti fattori destabilizzanti per questo settore. Come vedremo, questo è vero soprattutto sul mercato europeo, […]
NewsLa mobilità elettrica è il presente. O almeno così sembra guardando i più recenti spot delle maggiori case automobilistiche in Italia. Ma il passaggio all’elettrico converrà davvero al mercato dell’auto italiano? E soprattutto, il passaggio agli EV sarà davvero green?
Il mondo dell’auto sta vivendo una congiuntura a dir poco delicata. La carenza dei semiconduttori, frutto di scelte sbagliate nella catena di approvvigionamento, il razionamento dell’energia nelle fabbriche cinesi, l’impreparazione delle case dell’automobile per passare totalmente alla produzione di veicoli elettrici entro il 2035 sono tutti fattori destabilizzanti per questo settore. Come vedremo, questo è vero soprattutto sul mercato europeo, cosa che inevitabilmente si ripercuoterà, almeno in parte, sulle spalle dei risparmiatori che decidono di acquistare un nuovo veicolo soprattutto se elettrico. Ma come si sta muovendo l’Italia in questo mercato? E i nuovi EV sono davvero tanto green quanto promettono gli spot?
Pur se per la maggior parte scoppiettanti, i motori dei veicoli in Italia così come l’infotainment di base per ogni veicolo di nuova produzione ha aumentato la quantità di chip a bordo in modo esponenziale.
Il costo dei processori pre-pandemia era in costante diminuzione, e la sua domanda se pur in ascesa, poteva essere facilmente assorbita da una catena di produzione flessibile ed in grado di attutire fluttuazioni della domanda, anch’essa in qualche misura prevedibile. La destabilizzazione delle catene produttive globali, materi prime più care dopo la ripresa delle produzioni, insieme alle necessità di connessione del mondo produttivo e educativo sono diventati un mix esplosivo per creare l’attuale scarsità e quindi la conseguente impennata dei prezzi di questi componenti per il mercato dell’automobile.
Lo scenario appare tanto più instabile soprattutto per l’Europa. Stati Uniti e Cina, infatti, sono tutt’ora i meglio attrezzati nell’affrontare questi fattori destabilizzanti per il mercato dei microchip, i primi per gli aspetti di sviluppo tecnologico dei prodotti già esistenti e la Cina per il sempre maggiore controllo su Taiwan che produce il 56% della produzione globale di semiconduttori più efficienti; ovvero quelli di dimensioni sotto i 10nm.
Inutile ricordare che in un ambiente come l’automotive dove ci si può solo aspettare una crescita della tecnologia a bordo, perché le produzioni europee possano tenere il passo della sempre maggiore elettrificazione dovranno riuscire a rendersi indipendenti o garantirsi una fetta di quella produzione. A questo proposito, qualcosa sembra muoversi grazie l’European Chips Act della Commissione europea, di ottobre scorso, che mira a internalizzare i processi produttivi di questi chip all’avanguardia.
La transizione all’elettrico è caratterizzata come abbiamo visto da una grande revisione dei costi per le case automobilistiche europee come Stellantis, Renault, Volkswagen che si trovano ad affrontare una rivoluzione dei processi produttivi, i quali anch’essi hanno un impatto sul prezzo finale dei nuovi prodotti. Si calcola infatti che l’attuale spinta verso lo sviluppo delle motorizzazioni elettriche stia arrivando a pesare almeno per 3.000 – 5.000 sui prezzi al dettaglio di tutte le motorizzazioni, comprese quelle a combustione. In un mercato dell’automobile che nel 2021 è sceso di circa il 25% rispetto a quello del 2019, la frazione dei nuovi veicoli elettrici immatricolati, seppur in crescita, conta ancora solo il 12%, ed è sostanzialmente invariata rispetto al 2020.
I problemi di filiera nel nostro paese sono poi amplificati da quelli di rete di ricarica. Le famose colonnine, anche se stanno cominciando a diffondersi le prime formule di abbonamento con la rete nazionale dell’energia, restano ancora rare e certamente assolutamente insufficienti qualora la quota dell’elettrico su strada, anche su lunga e media percorrenza dovesse realmente aumentare.
Una delle criticità maggiori nella transizione all’elettrico resta poi ancora il metodo con cui l’energia di ricarica dei veicoli viene prodotta in Italia. Infatti, nell’attuale mercato l’energia elettrica che viaggia sulla rete nazionale è il cosiddetto “mix energetico”. Ben il 50% dell’energia è infatti prodotta da impianti termici mentre solo il 30% da fonti che possono dirsi rinnovabili, ed addirittura ancora un 5% a carbone.
D’altronde il mezzo di proprietà individuale interessa ancora la maggior parte degli italiani che, anche se sempre più attenti alla loro impronta ambientale, preferiscono ancora la mobilità privata prevalentemente su gomma, data la scomodità del mezzo pubblico nei centri urbani minori di cui è costellata la nostra penisola.
La mobilità elettrica nonostante i limiti di produzione dei veicoli e di come la stessa energia elettrica è prodotta presenta un ulteriore problema che rischia di minare seriamente la sostenibilità ambientale dell’auto elettrica a lungo termine ovvero le batterie.
I modelli attuali utilizzano batterie al litio che contengono anche altre materie prime che se disperse nell’ambiente inquinano e che comunque hanno degli alti costi di smaltimento. Se per ora la scarsa diffusione di questo tipo di mobilità non sembra preoccupare la frazione occupata da questi rifiuti, resta il problema di un incremento di tipo esponenziale nel trattamento di questi materiali per il recupero delle preziose materie prime contenute nelle batterie. Ma allo stato attuale degli impianti di smaltimento, ancora in fase embrionale, sarà necessario scalare di molto questi processi. Secondo alcune stime in meno di 10 anni (l’orizzonte temporale è il 2030) con la diffusione dei motori ibridi e di quelli elettrici, in Italia dovranno essere gestite intorno alle 100.000 tn di batterie all’anno. Insomma, l’elettrico con le sue promesse è qui per restare, ma quanto ci costerà è tutto da vedere.
Lo scorso anno era stato l’anno d’oro della blockchain con criptovalute ed NFT (Non-Fungible-token) segnati da una crescita a due cifre, tanto da far impallidire gli investitori dei prodotti finanziari tradizionali. Ma adesso il vento sembra essere cambiato. Dall’inizio del 2022, sui mercati delle criptovalute sono aumentate enormemente le vendite, nel gergo finanziario un sell-off, che ha fatto registrare per Bitcoin ed Ethereum, le due più famose crypto, delle perdite di oltre il 20% nell’arco di poche settimane. Al di là delle analisi finanziare e dei cambiamenti ciclici di mercato: investitori meno propensi al rischio dopo due anni di crescita […]
NewsLo scorso anno era stato l’anno d’oro della blockchain con criptovalute ed NFT (Non-Fungible-token) segnati da una crescita a due cifre, tanto da far impallidire gli investitori dei prodotti finanziari tradizionali. Ma adesso il vento sembra essere cambiato. Dall’inizio del 2022, sui mercati delle criptovalute sono aumentate enormemente le vendite, nel gergo finanziario un sell-off, che ha fatto registrare per Bitcoin ed Ethereum, le due più famose crypto, delle perdite di oltre il 20% nell’arco di poche settimane.
Al di là delle analisi finanziare e dei cambiamenti ciclici di mercato: investitori meno propensi al rischio dopo due anni di crescita dei mercati, aumento tassi di interesse della Fed (Federal Reserve), potrebbe essere arrivato il momento per questi prodotti finanziari di registrare nel loro prezzo i danni sociali e i problemi ambientali connessi alla loro diffusione in crescita.
Perché per molti le criptovalute stanno diventando troppo rischiose o vengono addirittura vietate? Quali sono i rischi che comportano?
Le criptomonete sono al 100% digitali, basano la loro legittimazione sulla crittografia resa possibile dalla tecnologia della blockchain (il registro distribuito delle transazioni in criptovaluta) e sono a lungo rimaste per molti una sorta di misterioso prodotto di qualche apprendista stregone del web o, nel migliore dei casi, di speculatori di borsa. Ma, dalla nascita del loro capostipite, il Bitcoin, nel 2008 sono andate moltiplicandosi ed espandendosi ad aree sempre più vaste della rete fino ad arrivare ad essere facilmente disponibili come prodotto finanziario anche ai piccoli risparmiatori. Questa grande versatilità e pervasività e la vera e propria esplosione delle Altcoin (criptovalute alternative a Bitcoin) sta però mettendo in allarme i governi di diversi stati per i pericoli annessi al loro utilizzo.
Ecco una breve scansione temporale dei momenti salienti per Bitcoin:
Secondo paese al mondo (dopo gli Stati Uniti) per consumo energetico legato al mining, il Kazakistan ha visto schizzare alle stelle il costo dell’energia nel paese, che sono stati l’innesco per la successiva destabilizzazione della situazione politico-sociale in queste ultime settimane. Le criptovalute sembrano essere uno dei responsabili nascosti del caro energia.
La congiuntura della domanda per il riscaldamento invernale, le tensioni geopolitiche tra Russia ed Europa e l’utilizzo per le criptovalute ha portato a un raddoppiamento improvviso del prezzo del GPL nelle scorse settimane. Questo ha scatenato le proteste di popolazione stremata dal caro energia.
Ma perché le criptovalute usano energia? Pur se totalmente virtuali, le transazioni che interessano questa innovativa forma di pagamento richiedono un grande dispendio energetico. Le operazioni sul registro distribuito, la blockchain, richiedono per essere effettuate la soluzione di complessi problemi di calcolo risolvibili solo grazie a un numero enorme di server, la cui alimentazione richiede appunto energia.
Queste attività, che generalmente nel gergo delle cripto viene definita mining (ovvero estrarre criptovaluta), è diventata nel tempo sempre più remunerativa per il crescente valore delle criptovalute, ma anche energeticamente dispendiosa. Il solo Bitcoin consuma circa 130TWh, il nostro paese ne consuma 286TWh! Questo aspetto, insieme alle problematiche legate all’anonimato di chi possiede questo denaro virtuale, hanno portato il governo di Pechino, dove avveniva la maggior parte del mining mondiale a vietare del tutto l’utilizzo delle criptovalute sul suolo cinese, dichiarandole illegali.
La possibilità di utilizzare la blockchain (catena di blocchi di operazioni) consente alle criptovalute di poter essere operate senza la necessità di un organismo centrale di controllo, ma una copia del registro delle transazioni viene condivisa da tutti i “nodi”, ovvero dei computer della rete. Questo meccanismo di emancipazione dal controllo statale o di un’altra autorità ha un costo, che è in primo luogo energetico. È stato calcolato, infatti, da studi di settore che se tutte le transazioni dovessero essere registrate con il protocollo che utilizza Bitcoin attualmente difficilmente si riuscirebbe a contenere la temperatura globale al di sotto dell’aumento dei due gradi entro il 2050, data oramai sempre più vicina.
Le perplessità di quanti, siano essi comuni cittadini, associazioni ambientaliste o gli stessi stati, che a più riprese prendono impegni verso la neutralità climatica stanno portando a condannare sempre più spesso l’ecosistema delle criptovalute. Per la grande mole di calcoli che devono gestire per risolvere i problemi crittografici necessari a far girare la blockchain nel corso degli anni sta aumentando vertiginosamente ed allo stesso modo l’energia richiesta dai computer che sono utilizzati a tale scopo. Un cambio di paradigma su Bitcoin, da metodo rivoluzionario e democratico di distribuzione del valore, a mostro energivoro e inquinante è arrivata anche nel mondo economico finanziario. Il caso più clamoroso è quello di Elon Musk che, dopo aperto la porta ai pagamenti in Bitcoin per la sua Tesla, trascinando così il prezzo della criptomoneta a quota 58 mila dollari, ha poi improvvisamente deciso, il 12 maggio 2021 di interrompere le attività finanziare sulla criptovaluta più nota adducendo come motivazione proprio la sua dannosità per l’ambiente.
Come un cane che si morde la coda il giustizialismo che ha caratterizzato le rivendicazioni politiche del movimento 5 stelle fin dalle prime fasi della sua ascesa, lo ha portato ora a vedere il proprio garante politico, in un certo senso l’anima del movimento, indagato dalla magistratura. Beppe Grillo nello sviluppo delle indagini della magistratura di Milano ha visto perquisire gli uffici della sua beppegrillo srl di Genova si è dichiarato fiducioso nell’operato dei magistrati dopo che gli è stato notificato l’avviso di garanzia dalla procura. L’indagine riguarda un presunto traffico di influenze illecite per conto di Vincenzo Onorato (indagato […]
NewsCome un cane che si morde la coda il giustizialismo che ha caratterizzato le rivendicazioni politiche del movimento 5 stelle fin dalle prime fasi della sua ascesa, lo ha portato ora a vedere il proprio garante politico, in un certo senso l’anima del movimento, indagato dalla magistratura. Beppe Grillo nello sviluppo delle indagini della magistratura di Milano ha visto perquisire gli uffici della sua beppegrillo srl di Genova si è dichiarato fiducioso nell’operato dei magistrati dopo che gli è stato notificato l’avviso di garanzia dalla procura. L’indagine riguarda un presunto traffico di influenze illecite per conto di Vincenzo Onorato (indagato per lo stesso motivo) il presidente dell’azienda di trasporti marittimi Moby Lines. Ma quali sono i capi d’accusa che sono contestati al padre del movimento pentastellato? E quante probabilità ci sono che ne esca pulito al termine delle indagini?
Che questa indagine sia qualcosa di paradossale da affrontare per il movimento dei pentastellati è anche il tipo di reato contestato. Nel 2019 il governo allora a guida giallo-verde, attraverso la riforma della 346-bis aveva allargato il ventaglio di possibile applicazione di questo articolo nell’ipotesi di reato di mediazione illecita e traffico di influenze. L’inchiesta nascerebbe proprio grazie a questo ampliamento e ironicamente è lo stesso garante del movimento a finire sotto la lente d’ingrandimento nella magistratura di Milano. Nello specifico quello che viene contestato a Beppe Grillo sarebbe una parcella di 120.000 all’anno per due anni nel 2018 e 2019. Quest’attività per l’importo e per il ruolo pubblico del beneficiario sarebbe stata segnalata dalla Banca d’Italia e questo avrebbe aperto la strada per le indagini.
Formalmente, il compenso incassato alla società di Grillo da parte della Moby, la compagnia di traghetti dell’armatore Vincenzo Onorato, con cui Grillo intratterrebbe un’amicizia di lunga durata, sarebbe stata registrata come una “partnership”. Stando a quanto riportato dagli inquirenti il denaro sarebbe un corrispettivo per l’opera di mediazione illecita tra la società di traghetti e i parlamentari del movimento allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica al tema della tassazione delle aziende di trasporto di persone a garanzia della continuità territoriale.
L’allora ministro dei trasporti Toninelli in questi giorni ha negato pubblicamente qualsiasi coinvolgimento e qualunque favore richiesto da Grillo per conto dell’armatore. L’azienda che ha acquisito con una privatizzazione Tirrenia nel 2012, al fine di continuare a garantire l’importante servizio pubblico di continuità territoriale, verserebbe tra l’altro in una situazione finanziaria ai limiti della gestione fallimentare. Lo scorso 15 aprile dalla procura milanese è infatti arrivata la richiesta di fallimento sulla base di una situazione finanziaria con debiti deteriorati che si aggirano intorno ai 400 milioni di euro. Ma tornando a Grillo, cerchiamo di far chiarezza su quali possono essere i casi in cui questo reato può essere contestato.
I rapporti che intessono politica e il mondo produttivo tendono per loro natura a intrecciarsi in modo complesso. Si guardi all’ultima indagine sulla fondazione Open di Matteo Renzi. Tuttavia, a volte chi occupa posizioni di rilevo nella pubblica amministrazione può favorire in modo illecito una certa attività della società civile creando le basi per far scattare le indagini nell’ipotesi di questo reato. Ma quando quali sono i casi in cui può essere commesso? Qual è la pena massima che può essere comminata?
Sono principalmente due le situazioni in cui si può essere indagati per traffico di influenze:
Il reato di cui potrebbe essere chiamato a rispondere Grillo ricade pertanto nella prima casistica. Infatti, stando ai fatti riportati dai PM, il garante del movimento avrebbe agito da intermediario tra la Moby e i parlamentari del movimento sfruttando la sua posizione di guida di cinque stelle. La pena massima a cui si può essere condannati è di quattro anni.
Non è un mistero che il movimento, alla prima esperienza di governo, è stato attraversato da continui allontanamenti spontanei ed espulsioni. Finora, per tener fede alla promessa elettorale, di politici estranei a qualsiasi procedimento penale, è ha subito un progressivo assottigliando i suoi ranghi. Tuttavia, il coinvolgimento in un’indagine, al cui giudizio potrebbero ancora mancare diversi anni prima o, e che ha interessato l’anima stessa del movimento coinvolgendo Grillo e Casaleggio potrebbe danneggiare politicamente il movimento. Infatti, triennio 2018-2020, non solo la società di Grillo, ma anche la Casaleggio associati, l’azienda di marketing digitale dei Casaleggio, avrebbe ricevuto degli importi pari a 600 mila euro dalla stessa Mobi, come spiega in un servizio riassuntivo Porta a Porta.
Pur se in attesa dell’operato della magistratura, il peso politico che l’indagine sta avendo potrebbe significare per il movimento una profonda rivoluzione interna per evitare il suo azzeramento nelle elezioni governative del 2023. La “buona notizia” almeno per i risvolti penali che potrebbe il procedimento è che dal 2012, c’è stata solo una condanna realmente comminata per la difficolta di dimostrare il reato imputato in sede di tribunale.
La prematura scomparsa del presidente del parlamento europeo David Sassoli ha lasciato un vuoto nella rappresentanza del nostro paese e di una voce rispettata e autorevole nelle istituzioni dell’Unione. Molto probabilmente anche le istituzioni nella loro opera di gestione della crisi dei migranti sentiranno di aver perso un convinto sostenitore della riforma del sistema di Dublino. Questo è il sistema che regola la distribuzione dei migranti tra i vari stati europei in caso di ingresso di richiedenti asilo in uno qualsiasi degli stati europei. Per molto tempo ormai questo sistema è stato più volte tacciato da chi sostiene politiche di […]
NewsLa prematura scomparsa del presidente del parlamento europeo David Sassoli ha lasciato un vuoto nella rappresentanza del nostro paese e di una voce rispettata e autorevole nelle istituzioni dell’Unione. Molto probabilmente anche le istituzioni nella loro opera di gestione della crisi dei migranti sentiranno di aver perso un convinto sostenitore della riforma del sistema di Dublino. Questo è il sistema che regola la distribuzione dei migranti tra i vari stati europei in caso di ingresso di richiedenti asilo in uno qualsiasi degli stati europei. Per molto tempo ormai questo sistema è stato più volte tacciato da chi sostiene politiche di maggiore contenimento, dell’Europa-fortezza dell’Occidente di non tutelare gli interessi dei cittadini europei e al contrario per i garantisti dei diritti dei migranti di non offrire una sufficiente protezione a chi richiede asilo in uno dei paesi dell’Unione.
Per molti l’eredità filantropista che lascia Sassoli con la sua scomparsa pone nuovamente al centro del dibattito politico la necessita di ripensare questo sistema perché sia in grado realmente di sostenere politiche migratorie che possano davvero definirsi umane. Ma per sbrogliare questa complicata matassa vediamo prima quali sono i punti più dibattuti del sistema di Dublino? E quali sono gli ultimi scenari che si sono aperti nel nuovo clima politico dopo l’insediamento della nuova presidente del parlamento europeo, lo scorso 18 gennaio?
Nella diplomazia tra gli stati dell’unione trovare un’unica visione per le politiche migratorie considerato quanto sono esposti ai movimenti sia dei richiedenti asilo che dei migranti economici è sempre stato ricorrentemente uno dei talloni d’Achille dell’Unione Europea. Il sistema di gestione dei richiedenti asilo più aggiornato applicato ad oggi è il cosiddetto Regolamento Dublino III. Questo è semplicemente una legge entrata in vigore nel 2014, che stabilisce come un richiedente asilo, ovvero un migrante, possa chiedere una domanda di protezione internazionale e soprattutto in che modo sia possibile determinare l’autorità competente, quindi lo stato, che si occupi della gestione della sua domanda: il suo ingresso, ricollocamento, accoglienza o espulsione dal paese.
Le critiche che vengono fatte dalle istituzioni come dall’Onu e dal Consiglio europeo per una riforma che tuteli maggiormente diritti dei richiedenti sono le seguenti:
In particolare, il tema più divisivo è per ora quello che riguarda il paese del primo ingresso. Secondo “l’articolo 13” del regolamento di esecuzione, infatti, la domanda del migrante dovrà essere sottoposta allo “stato membro in cui il richiedente asilo è entrato varcando le frontiere in modo irregolare”. Questa condizione va, per ovvie ragioni, a mettere in difficoltà i paesi ai confini dell’unione poiché date le modalità di ingresso della maggior parte dei migranti politici ed economici, ovvero via terra o via mare gli stati ai confini si trovano ad dover predisporre l’accoglienza della maggior parte di queste domande. In particolare, i paesi ostili a una riforma di questo sistema sono concentrati nell’Europa orientale, ovvero quelli che si sentono più minacciati da una possibile redistribuzione dei migranti, in un clima politico che è stato definito a tratti dalle organizzazioni umanitarie apertamente xenofobo, tra cui l’Ungheria di Orban, Polonia, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia; i cosiddetti paesi del gruppo di Visegrad.
David Sassoli da filantropo prima come volto del TG1 e dopo da uomo politico delle istituzioni comunitarie, pur nel suo ruolo super partes di presidente del parlamento, era da sempre stato un paladino della solidarietà sull’accoglienza dei migranti.
La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un vuoto ed allo stesso tempo ha rilanciato un tema finora spinoso, sia per i partiti di centro sinistra che per la coalizione delle frange sovraniste che hanno tratto spinta politica nei diversi paesi dell’unione. L’elezione di Roberta Metsola, del Ppe (partito pololare europeo), tra quelli divisi riguardo alla questione riforma dell’accordo di Dublino, proviene dalla militanza nel partito nazionalista di Malta che, come paese, si è più volte detto favorevole a una più equa ridistribuzione dello sforzo per l’accoglienza dei migranti. Malta, inoltre, ha ospitato i rappresentanti politici di Francia, Italia, Germania, e appunto Malta, un gruppo di stati tra i più motivati a una migliore gestione dei flussi per alleggerire la tenzione tra i paesi dell’Unione.
La forza della spinta al cambiamento tra i partiti italiani di questo regolamento viene certamente con forza dall’area moderata del centro sinistra. Non è un caso, infatti, che il segretario del Pd, Ernico Letta, abbia ricordato l’impegno profuso su questo tema dallo scomparso presidente per rendere l’Europa meno fortezza e più umana, in concomitanza con l’insediamento della giovane Metsola.
Al fronte opposto, c’è con tutta probabilità la Lega che nel corso degli anni in seno alle istituzioni europee non ha mai partecipato alle riunioni per discutere la modifica di legge, astenendosi poi l’ultima volta che una discussione sulla modifica è arrivata, per essere poi archiviata, nell’emiciclo del parlamento a Strasburgo, ormai nel lontano 2017. L’altra resistenza alla modifica inaspettata è quella portata avanti dal movimento 5 stelle che sostenendo una linea oltranzista nella stessa votazione in Europa si è espresso contro la modifica, giustificando l’opposizione con la necessità di una riforma ancora più radicale di quella proposta in sede parlamentare.
Se sei stanco di dover ascoltare la solita solfa dei notiziari nazionali e senti di aver bisogno di una fonte d’informazione sul nostro paese e sul mondo che sia puntuale, diretta e affidabile, bene! Sei arrivato nel posto giusto. Ti racconteremo giorno per giorno gli eventi di cronaca italiana e da tutto il mondo, le news politiche, contenuti culturali e tanti altri approfondimenti in modo chiaro, senza fronzoli e senza finzioni, come questo sul poker. Non ci limitiamo a riportare le notizie senza dare alcuna interpretazione come quotidiani o notiziari, loro fanno il loro lavoro, sì. Ma noi facciamo il […]
NewsSe sei stanco di dover ascoltare la solita solfa dei notiziari nazionali e senti di aver bisogno di una fonte d’informazione sul nostro paese e sul mondo che sia puntuale, diretta e affidabile, bene! Sei arrivato nel posto giusto.
Ti racconteremo giorno per giorno gli eventi di cronaca italiana e da tutto il mondo, le news politiche, contenuti culturali e tanti altri approfondimenti in modo chiaro, senza fronzoli e senza finzioni, come questo sul poker. Non ci limitiamo a riportare le notizie senza dare alcuna interpretazione come quotidiani o notiziari, loro fanno il loro lavoro, sì. Ma noi facciamo il nostro e vogliamo darti qualcosa in più.
Oggi, attraverso giornali, radio, televisione internet, siamo costantemente sovraesposti a una quantità mai vista prima di informazioni, condizione che è stata definita da psicologi e studiosi del linguaggio come infodemia. La possibilità e l’esigenza di un’informazione libera e senza censure è stata amplificata dall’aumento di circolazione delle notizie e dal tempo che passiamo informandoci anche attraverso fondi informative alternative come social e siti specializzati.
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