La mobilità elettrica è il presente. O almeno così sembra guardando i più recenti spot delle maggiori case automobilistiche in Italia. Ma il passaggio all’elettrico converrà davvero al mercato dell’auto italiano? E soprattutto, il passaggio agli EV sarà davvero green?
Il mondo dell’auto sta vivendo una congiuntura a dir poco delicata. La carenza dei semiconduttori, frutto di scelte sbagliate nella catena di approvvigionamento, il razionamento dell’energia nelle fabbriche cinesi, l’impreparazione delle case dell’automobile per passare totalmente alla produzione di veicoli elettrici entro il 2035 sono tutti fattori destabilizzanti per questo settore. Come vedremo, questo è vero soprattutto sul mercato europeo, cosa che inevitabilmente si ripercuoterà, almeno in parte, sulle spalle dei risparmiatori che decidono di acquistare un nuovo veicolo soprattutto se elettrico. Ma come si sta muovendo l’Italia in questo mercato? E i nuovi EV sono davvero tanto green quanto promettono gli spot?
La crisi dei semiconduttori e dei chip di ultima generazione
Pur se per la maggior parte scoppiettanti, i motori dei veicoli in Italia così come l’infotainment di base per ogni veicolo di nuova produzione ha aumentato la quantità di chip a bordo in modo esponenziale.
Il costo dei processori pre-pandemia era in costante diminuzione, e la sua domanda se pur in ascesa, poteva essere facilmente assorbita da una catena di produzione flessibile ed in grado di attutire fluttuazioni della domanda, anch’essa in qualche misura prevedibile. La destabilizzazione delle catene produttive globali, materi prime più care dopo la ripresa delle produzioni, insieme alle necessità di connessione del mondo produttivo e educativo sono diventati un mix esplosivo per creare l’attuale scarsità e quindi la conseguente impennata dei prezzi di questi componenti per il mercato dell’automobile.
Lo scenario appare tanto più instabile soprattutto per l’Europa. Stati Uniti e Cina, infatti, sono tutt’ora i meglio attrezzati nell’affrontare questi fattori destabilizzanti per il mercato dei microchip, i primi per gli aspetti di sviluppo tecnologico dei prodotti già esistenti e la Cina per il sempre maggiore controllo su Taiwan che produce il 56% della produzione globale di semiconduttori più efficienti; ovvero quelli di dimensioni sotto i 10nm.
Inutile ricordare che in un ambiente come l’automotive dove ci si può solo aspettare una crescita della tecnologia a bordo, perché le produzioni europee possano tenere il passo della sempre maggiore elettrificazione dovranno riuscire a rendersi indipendenti o garantirsi una fetta di quella produzione. A questo proposito, qualcosa sembra muoversi grazie l’European Chips Act della Commissione europea, di ottobre scorso, che mira a internalizzare i processi produttivi di questi chip all’avanguardia.
Quando l’elettrico sarà davvero green e sostenibile in Italia?
La transizione all’elettrico è caratterizzata come abbiamo visto da una grande revisione dei costi per le case automobilistiche europee come Stellantis, Renault, Volkswagen che si trovano ad affrontare una rivoluzione dei processi produttivi, i quali anch’essi hanno un impatto sul prezzo finale dei nuovi prodotti. Si calcola infatti che l’attuale spinta verso lo sviluppo delle motorizzazioni elettriche stia arrivando a pesare almeno per 3.000 – 5.000 sui prezzi al dettaglio di tutte le motorizzazioni, comprese quelle a combustione. In un mercato dell’automobile che nel 2021 è sceso di circa il 25% rispetto a quello del 2019, la frazione dei nuovi veicoli elettrici immatricolati, seppur in crescita, conta ancora solo il 12%, ed è sostanzialmente invariata rispetto al 2020.
I problemi di filiera nel nostro paese sono poi amplificati da quelli di rete di ricarica. Le famose colonnine, anche se stanno cominciando a diffondersi le prime formule di abbonamento con la rete nazionale dell’energia, restano ancora rare e certamente assolutamente insufficienti qualora la quota dell’elettrico su strada, anche su lunga e media percorrenza dovesse realmente aumentare.
Una delle criticità maggiori nella transizione all’elettrico resta poi ancora il metodo con cui l’energia di ricarica dei veicoli viene prodotta in Italia. Infatti, nell’attuale mercato l’energia elettrica che viaggia sulla rete nazionale è il cosiddetto “mix energetico”. Ben il 50% dell’energia è infatti prodotta da impianti termici mentre solo il 30% da fonti che possono dirsi rinnovabili, ed addirittura ancora un 5% a carbone.
D’altronde il mezzo di proprietà individuale interessa ancora la maggior parte degli italiani che, anche se sempre più attenti alla loro impronta ambientale, preferiscono ancora la mobilità privata prevalentemente su gomma, data la scomodità del mezzo pubblico nei centri urbani minori di cui è costellata la nostra penisola.
Mobilità sì sostenibile, ma a fine vita le batterie inquinano
La mobilità elettrica nonostante i limiti di produzione dei veicoli e di come la stessa energia elettrica è prodotta presenta un ulteriore problema che rischia di minare seriamente la sostenibilità ambientale dell’auto elettrica a lungo termine ovvero le batterie.
I modelli attuali utilizzano batterie al litio che contengono anche altre materie prime che se disperse nell’ambiente inquinano e che comunque hanno degli alti costi di smaltimento. Se per ora la scarsa diffusione di questo tipo di mobilità non sembra preoccupare la frazione occupata da questi rifiuti, resta il problema di un incremento di tipo esponenziale nel trattamento di questi materiali per il recupero delle preziose materie prime contenute nelle batterie. Ma allo stato attuale degli impianti di smaltimento, ancora in fase embrionale, sarà necessario scalare di molto questi processi. Secondo alcune stime in meno di 10 anni (l’orizzonte temporale è il 2030) con la diffusione dei motori ibridi e di quelli elettrici, in Italia dovranno essere gestite intorno alle 100.000 tn di batterie all’anno. Insomma, l’elettrico con le sue promesse è qui per restare, ma quanto ci costerà è tutto da vedere.